01 novembre 2008

HALLOWEEN E IL CARDINALE BAGNASCO

 

Sul quotidiano ligure Il Secolo XIX di mercoledì 29 ottobre 2008 il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della CEI, dichiara “Halloween? Se resta un gioco, va bene”. Silvio Benedetto manifesta il suo disaccordo e cita un suo precedente intervento “A proposito di Halloween” pubblicato nell’ottobre del 2005.

Oggi 1 novembre 2008 a Riomaggiore (La Spezia) voglio ricordare al Cardinale Bagnasco (e uso “ricordare” in maniera retorica perché credo che il Cardinale Bagnasco ben ricordi e sappia) che ogni gioco contiene una verità e che il ludico, spesso continuazione dell’imprinting, prepara ad una verifica futura a volte cruenta.

Che l’atteggiamento “morbido” verso Halloween sia un adattamento simile a quello avvenuto nella Santa Messa? Nella Messa Rock, Luba o altro ritmi musicali precedentemente contestati sono stati ammessi per “avvicinamento e comunicazione”.

Il gioco è una cosa seria.

 A PROPOSITO DI HALLOWEEN

 Babbo Natale a Buenos Aires.

Negli anni Quaranta, in corso la mia infanzia a Buenos Aires, mentre i miei nonni cattolici di Avola mi parlavano dei doni che la Signora Befana mi avrebbe portato nella notte dell’Epifania, mentre mia nonna piemontese protestante mi diceva che i doni me li portava il Bambino Gesu’, e mentre io, quella stessa sera attendevo la cometa con i Re magi e i cammelli carichi di regali “porqué me porté muy bien”, certo è che comunque a me bambino, in una notte estiva del 25 dicembre, arrivava a Buenos Aires un Babbo Natale con il nome di Papa Noël, ossia Santa Claus, con tanto di vestito rosso, trainato da renne su una slitta piena di pacchi infiocchettati e neve europea.

Forse proveniva dalla Turchia, o addirittura dalla mitologia teutonica, forse abitava al Polo Nord, forse era stato reinventato negli Stati Uniti nel XVII secolo dove, con il nome di “Sinter Klass”, lo avevano portato gli immigrati olandesi che vi fondarono la Nieuw Amsterdam (oggi New York).

Lo zio Sam me lo mandava, questo Papa Noël, dato che “lu scutulamentu” della slitta faceva cantare alle “ciancianedde” “Gingle Bell”.

Ma dagli USA, oltre ai doni, Babbo Natale ci portava anche Palmolive, Colgate, Hollywood, Ford e Chevrolet, la United Fruit, la CIA e tanto altro (il grande viaggiatore, barbuto e bardato di pelliccia, aveva meritato la sua effige nella pubblicità della Coca Cola).

Da questa grande scia panamericana scendevano anche Tex, Superman, un fuorviato Sitting Bull, e cattivissimi nemici della democrazia.

  Halloween, il Diavolo e Arlecchino.

Oggi in Italia, anno in corso 2005, ancora dagli Stati Uniti mi arriva Halloween (certo è che, laggiu’, di sette e satanismi sono campioni), e questo non mi va.
Certamente non mi va perché è una zucca vuota per altre zucche vuote, non mi va perché è un’altra festa-business di importazione, non mi va perché il global dilaga e schiaccia le pulsioni locali, non mi va perché chi non festeggia non si sente “in”. Ma fermiamoci.

A chi possono interessare le cose che a me non vanno?

Fermiamoci e torniamo indietro. Anzi, torniamo sul nome.

Halloween è il Diavolo o é una zucca animata da una fiamma diabolica?

Halloween è il Diavolo, ma il Diavolo é Arlecchino?

Un Arlecchino venuto dal Nord Europa, ben diverso dall’origine stracciona dell’Arlecchino italico, brioso rappresentante della commedia dell’arte? Forse.

Il suo nome è una deformazione di Hellekn, che troverà successive varianti come Hallequin, e poi Hannequin, poi Hell(…Help!)=Inferno e kuni=genia (l’acrobatico e comico diavoletto dantesco della Divina Commedia deriva da qui il suo nome Alichino?).

Nelle Fiandre una antica ballata, che poi Ghelderode trasforma in opera teatrale, cantava le gesta di “Sir Halewjn”, terrificante, nero principe (l’”uomo nero”) uccisore di vergini donzelle, mentre le mamme della Francia medioevale, minacciavano i bambini: “Harlequin est sur leurs tallons”, e alle feste pagane inglesi e slave avresti potuto vederlo o con vesti di floreali intrecci, o con un costume pezzato di diversi colori.

Questo inquietante personaggio compare per la prima volta con il nome “Arlecchino” in una Cronaca del Capodanno 1001, dove il monaco Olderico Vitali lo descrive in una bolgia di demoni e streghe, e in seguito viene nominato ancora nelle sacre rappresentazioni del Medioevo francese come “Hure Harlequin”.

Dalla sacralità al Carnevale il passo è breve.

È proprio in un Carnevale parigino che, nel 1572, un commediante bergamasco, un certo Alberto Naselli detto Zan Ganassa (da Zan deriva ”zanni” = servo), nota Arlecchino che saltella e piroetta, con i suoi lazzi atti a trascinare l’anima dei peccatori all’Inferno, e decide di inserire il suo personaggio nella commedia dell’arte (…”pur senza togliere ad Arlecchino la nera maschera ghignante, il cappellaccio a due punte e lo spadino – mi insegna Ornella Volta a Riomaggiore - la commedia dell’arte eviterà di fare allusioni alla sua natura infernale originaria…”). E i suoi lazzi, divenuti ora furbeschi e satirici, saranno rivolti contro gli altri personaggi.

Rieccolo in un canovaccio del 1682 col nome “Arlequino-Mercurio Galante”. Galante si, ma il “mercurio liquido” per l’alchimista è il “diavolo rovente”, “l’argento vivo in corpo”.

Pian piano la parlata bergamasca si addolcisce in cadenza veneta.

Poi, dopo il ‘700, a passo di balletto l’Arlecchino si smorza ancora in un “valet de chambre” tutto moine.

Infine il Teatro dei burattini lo fa conoscere ai bambini depurato ormai di ogni volgarità.

Ma se questo Halloween che oggi l’Italia (Help!) festeggia nel giorno di Ognissanti fosse quel “diavolo, buffone Arlecchino”, un “zanni”, servo dei business internazionali, ossia un trasportatore di anime all’Inferno, un servo ladro, bugiardo, di insaziabile fame?

Un grande trasformista, questo Arlecchino.

Qui mi fermo e mi unisco all’appello dei sacerdoti di Ravanusa, piccola cittadina situata in Sicilia, Sicilia in Italia e Italia in Europa, perché quei giovani l’”argento vivo in corpo” lo tramutino in sole mediterraneo, e comincino a dire “go home Halloween”.

 

Silvio Benedico Benedetto

in adesione all’appello dei sacerdoti di Ravanusa (AG).

Campobello di Licata (AG), 28 ottobre 2005.