La vicenda di Raimondo Saverino
Raimondo Saverino, nato a Licata nel
1923, militò nelle truppe regolari dal 6 settembre 1942 fino all'8
settembre 1943. Aggregato al 241° reggimento fanteria Imperia venne
ferito in Grecia nel giugno 1943, rimpatriato e assegnato in seguito
ad una compagnia di stanza alla caserma Piave di Genova. Dopo che il
generale Badoglio firmo' il celebre armistizio, il milite
agrigentino raggiunse sulle alture di Genova la brigata partigiana
Chichero, sotto il comando di Vincenzo Canepa (detto
"Marzo"), assumendo il nome di battaglia
"Severino". Fece poi parte della prima formazione
partigiana della Liguria (che in seguito diventò la Terza divisione
Garibaldi) finché, il 21 maggio 1944, venne catturato sui monti
della Rondanara sopra a Chiavari. Torturato e interrogato
inutilmente, venne scaricato da un camion sulla piazza principale di
Borzonasca e, infine, fucilato di fronte alla chiesa del piccolo
paese. In memoria del compagno siciliano, i partigiani che
accettarono volontariamente di operare dentro alla città di Genova,
e dunque nel cuore dello schieramento nemico, si battezzarono
"Volante Severino". Una famosa fotografia del 1945
documenta la brigata garibaldina Volante Severino che sfila
vittoriosa con i prigionieri lungo il corso Buenos Aires di Genova.
Borzonasca ha dedicato a Severino un monumento sulla facciata del
municipio.
da "La Vedetta", ottobre
2005
Primi appunti per la realizzazione
del MONUMENTO COMMEMORATIVO DI SEVERINO, PARTIGIANO IN LIGURIA
Il bisogno primordiale (sempre nel
rispetto della figura evocata e della creatività dell'artista) è
la responsabilità di "dare un'opera d'arte alla città",
ossia la qualità tecnica e artistica del messaggio. Questo punto è
fondamentale perché l'opera d'arte nel contesto urbano offra un
valore durevole, etico ed estetico. Ribadendo questa premessa credo
di dovermi attenere al seguente metodo: - studiare ed analizzare la
tragica vicenda di Severino - dare informazioni relative a tale
vicenda soltanto, e dico soltanto, con il linguaggio delle arti
plastiche, ossia senza retorica né demagogia, ed affidando se mai
ad altra sede più adeguata il racconto storico (attraverso la
parola scritta, in dovute quanto augurabili future pubblicazioni).
Un altro valore non trascurabile sta nell'intento di proiettare
quest'opera verso il futuro, e per ottenere questo risultato
dobbiamo considerare due punti: - proporre un linguaggio artistico
non anacronistico; affinché ne risulti un'"opera del suo
tempo" che, nonostante il suo carattere evocativo, non utilizzi
forme ottocentesche celebrative più che abusate - ottenere una
sintesi artistica di valore universale; affinché la lettura della
vicenda non rimanga confinata ad un'epoca storica passata, anzi
renda l'uomo trucidato il simbolo di ogni ingiusta sopraffazione.
Pertanto ritengo essenziale escludere dalla mia composizione i
carnefici e le loro uniformi in una sintesi pulita, nella quale la
visione di Severino vittima, pur essendo memoria, pulsione
universale e pietas, si innalzi a spiraglio di luce e il suo
sacrificio rimanga vivo nell'urlo contenuto di un "mai
più!". Raffigurerò dunque il momento centrale della vicenda,
ossia Severino a cavalcioni della sedia, nell'istante finale in cui
la figura ancora sta cadendo e già si leva in volo di colomba
l'augurio di un domani di pace e giustizia. Un'anima libera in volo,
simbolo anche della cristianità insita in quella chiesa che fu
testimone muta dell'esecuzione. La tematica si svolgerà su un masso
di pietra naturale di circa m. 1,50x1,80x1,00 a visione multipla. La
pietra sarà illuminata dal basso per ottenere un senso di
levitazione della materia. Su una faccia anteriore levigata si
affiderà al colore la raffigurazione pittorica di Severino come
sopra descritta, il lato posteriore lasciato naturale come da cava
sembrerà scheggiarsi per l'irrompere della colomba scolpita. Una
pietra di ridotta dimensione appoggiata a terra poco distante
accoglierà la parola scritta, insieme con gli stemmi comunali.
Silvio Benedetto
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