Camminando, oggi, con piedi più leggeri, a Manarola, ho
visto la smisurata fatica dell'uomo intento alla vendemmia e
mi infastidivo di mischiare i miei occhi ad altri di turisti e non,
che vorrebbero conservare quelle immagini-zoom di stallattite — sudore cristalizzato — per evocare divertiti o addirittura
sentirsi partecipi dello sforzo, (sarà diverso il lavoro del pittore?), proiettando diapositive al rientro a casa. Fotografìe,
farfalle spillate, trofei di un'immagine vitale riesumata nel loro
mondo di "cadaveri con permesso d'uscita" e vedendo i loro
volti alla tremante luce dei proiettori, un contadino direbbe
che la "mautìa du surfen" non intacca soltanto le piante.
Speculatori, sedicenti sovraintendenti, visitatori che nel
loro egoismo maniaco-fotografante vorrebbero conservare lo
status quo per potere così fornirsi in eterno nelle riserve di
caccia delle proprie melanconie ed equazioni, attingere nel
"colore locale" per assaporare in città con pantofole e schiene
riposate, l'idea che l'uomo ancora esiste ed in quanto l'appartenenza a quel passato, a "quelle immagini di altri tempi"
troverà ancora legami, si sentiranno rassicurati; ma quel passato non è tale e per gli abitanti delle Cinque Terre la fatica, le
inclemenze del tempo, e le "folcloristiche" scomodità sono di
una quotidianità assillante. Non si può pretendere che una così
detta "protezione ecologica delle zone paesagistiche" dimentichi
le necessità della vita, dove gli appartamenti degli inquisitori
sono ben lontano dagli inappropriati ambienti "pittoreschi",
dove ogni pietra deve essere assestata dal lavoro continuativo dell'uomo, dove uomini-mulo caricano pesi enormi per stradette
quasi intransitabili tra "poggi" e case. Esseri, come dice Dario,
considerati fossili. Fossili che fanno più interessante il week-end.
Ma alla minaccia della speculazione edilizia, che vorrebbe uniformare in cemento (come già
da Ventimiglia a Genova) con una
impronta "cosmopolita", l'alternativa non è certo una protezione
astorica del paesaggio, pretesa dei signori abitanti in città, che da
parte loro invece accettano e sollecitano la deturpazione del loro
habitat, consentendo essa il loro confort.