confortorio
441 questa notte
442 masticherò scorpioni vivi
443 mi immigrerò dentro
444 domani
* * * l'orologio del castello
506 son tornata
507 si
508 son tornata
509 si
nella vigna
510 si attorcigliano
511 le tue mani
512 le mie mani modellano
513 grappoli nel tuo seno
nella via dell'amore
514 devo andare (ancora e ancora)
515 si (tra le mie dita)
516 devo andare (dormono)
517 no (nascosti profumi)
libeccio
518 nella rocciosa via lucciole
contro l'acanto
519 verde contro verde
520 staffila il vento
521 disseminando gelsomini
522 alto il mare
523 frantuma promesse
524 negli scogli
525 schiumeggiando
526 dall'orizzonte viola
527 un occhio vigila
528 dal Tino
529 è tardi, torniamo
530 ti telefono
531 si ciao
532 aspetta, no niente
533 ciao
* * * notturna spiaggia
571 nel dolce sciabordio
572 il mollusco testardo
573 oggi profuma
574 di
sciacchetrà
(da Conflitto di luglio
dello stesso auttore)
IL PARCO DELL'UOMO, TRA MITO E REALTÀ
Mare terra: dal mito alla vendemmia
per il murales del Municipio di Riomaggiore
Ci sono popoli che sono in stretto contatto con il mare, a strapiombo su di esso, quasi dentro di esso, dentro quel mare.
E
in quel mare tramonta il sole, che illumina d'arancio lo sguardo che
in lontananza suggella la chiusura di una dura giornata di lavoro,
che accende la fantasia di chi sa quali luoghi irraggiungibili
attraverso gli oceani... "Andemu en maa", che se abbiamo
fortuna, prenderemo un "luvassu", totani o razze se è
inverno; se d'estate, qualche sarago, qualche buga...
Se non si pesca come svago, si sogna.
Mare, come memoria di malinconiche emigrazioni, di lavoro nelle macchine o nelle stive o nei salotti di crociere
che
tue non sono; fiabe e racconti di chi sa quali mostri e pericoli
superati. Leggende di pirati. "Memorie" di naufragi di navi di passaggio. Tuttavia è la terra — e non il mare — a scandire ogni
istante della vita di questi uomini
su un paesaggio
da loro
costruito, pietra su pietra, paletto su paletto. E sono loro ad
operare quel miracolo: radice, vigna, grappolo.
Vino che nel calice diventa ebbrezza, orgoglio del lavoro
compiuto.
Nel concepire una composizione pittorica di vaste dimensioni per il murales del frontespizio del Municipio di
Riomaggiore, lo scoglio più grande per me da superare era il
riuscire a sintetizzare quel concetto di mare-terra - già diffìcilmente esprimibile a parole - in un linguaggio pittorico di
forma-contenuto-emozione. E dunque ho deciso, tra poesia e realtà, tra figurazioni immaginarie e realismo tangibile, di
unire in un tutt'uno due momenti:
nella parte bassa, in una policromia di blu e viola profondi sotto un'avvolgente nuvola-donna-polena, una scena epica
che vuole protagonisti mitici pescatori in lotta contro un grande pesce che di mostruoso, ha forse solo il configurarsi
come il personaggio di un racconto immaginario; nella parte sovrastante, in una vastità di colori solari,
emergono due grandi figure in un'altra non meno mitica lotta: la vendemmia.
L'uomo e la donna sono protagonisti del loro futuro, checché ne dicano gli dei.
E, checché ne dicano gli dei,
ascoltando, mentre dipingevo,
il richiamo dei gabbiani sugli scogli (quegli scogli che col libeccio divengono "alti, duri,
inesorabili") ho incorporato al
murales un terzo momento: il cielo, l'aria. In alto, ancora più in alto, sulla parete laterale del
palazzo, dipingo un volo di gabbiani. Il volo di dodici gabbiani (luce, colore, movimento) delle
Cinque Terre verso l'Europa, dunque: MARE, TERRA, CIELO.
Di questi gabbiani alcuni approderanno altrove, nel silenzio. Altri ritorneranno per nidificare nelle coste di questo
Tirreno, sotto il sole.